Ho sempre amato questa espressione romana.
Il bello è che pur essendo cresciuta a Roma, ho imparato il suo dialetto non prima dei 23 anni, grazie a una ex compagna di liceo che ancora ricordava quando alle feste, di classi diverse dalla nostra, mi chiedessero: “Bellaaa… da quanto te sei traferita a Roma?”.
E invece no.
Ero sempre stata romana, di madre partenopea, professoressa di italiano nella capitale e con forte sentimento razzista verso il parlato locale.
Manco la trama di un film di Paolo Genovese e Luca Miniero.
E così il dialetto di appartenenza è qualcosa che ho fatto mio in età adulta.
Quasi come uno fa con la scoperta del vero piacere e della sessualità.
E infatti questo è per me.
Qualcosa che con estremo godimento tiro fuori quando voglio.

E mo’ s’è fatta davvero ‘na certa.

Nun me va de annà a dormì, no, no… ma c’ho voglia d’una puntata dee mie, quelle si.
Una di quelle serie Coreane, romantiche come nun ce fosse dimane, in lingua originale!
Che se nun sei abitué a quel sonoro, te spatasci subito de sonno come manco un pommidoro.
E invece a me, me piace.
Me piace tanto!
E’ come ‘n sono misto de pesce, francese e ‘ncazzatura, brasiliano e saudade.
E poi col loro torno regazzina.
Come se a crede nell’amore abbastasse che ‘na mattina te ritrovi ‘nomo che te dice “Buongiorno Signorina!”
Che poi io nun so signorina più da un pezzo, so stata signora si, e ora?
So.. boh!
Nun lo so.
Cosa diventa una donna dopo che se separa?
Forse vecchia, strega, sciura, ianara?
Vabbè sta sera c’avevo voglia de fa un po’ de poesia.
In un misto di tutte quelle che so le lingue mia.
Pe’ dì solo che secondo me l’anima nell’ammore s’arricrea.
E perdonate questa idiosincrasia.
Ma so fatta di Napoli, Roma, Livorno, Francia e tanta, tanta Fantasia.